VALENTINA FAINARDI, London, UK
Sono atterrata a Londra quasi un anno fa.
Poco dopo essermi specializzata in Pediatria ho iniziato il Dottorato di Ricerca in Scienze Mediche con indirizzo in Pneumologia Pediatrica e grazie all’opportunità offerta dall’Ateneo di poter passare parte del dottorato all’estero, sono partita alla volta dell’Imperial College di Londra.
L’obiettivo era dedicarmi alla ricerca con il gruppo di Pneumologia Pediatrica del Royal Brompton Hospital che già avevo frequentato qualche anno prima ma prevalentemente da un punto di vista clinico.
Del primo giorno all’Imperial ricordo lo stupore per la bellezza del Sir Alexander Fleming building (che ho scoperto poi essere stato progettato da un altro Sir, non medico ma architetto, Norman Foster) e la mia soggezione di fronte ai 5 piani di laboratori brulicanti di camici bianchi e guanti azzurri che si affacciavano sul piano terra centrale destinato agli studenti di PhD come me.
Qui ho iniziato un progetto di ricerca sulle Innate Lymphoid Cells (meglio note con l’acronimo di ILCs), una particolare popolazione di linfociti che sembra coinvolta nella patogenesi dell’asma grave resistente alla terapia steroidea.
Durante il primo esperimento in cui iniziavamo una coltura di linfociti la mia supervisor, Dr Sejal Saglani, ha dispensato quello che sarebbe stato il primo comandamento della mia vita nel Lab: “Vuoi che le tue cellule siano felici? Con loro devi essere gentile, nutrirle e ogni tanto parlarci…”. Più semplice a dirsi che a farsi.
Il passaggio dalla clinica al laboratorio infatti non è stato facile, ho dovuto imparare a fare tutto, dalle colture cellulari alla citometria a flusso, ma toccare con mano la realtà della ricerca scientifica e vedere che cosa c’è dietro a molti aspetti della pratica clinica quotidiana è stata una esperienza unica. La ricerca tuttavia può essere molto dura e gli esperimenti non portano sempre a ciò che si spera ma anche un piccolo risultato restituisce l’energia necessaria per proseguire. Hanno aiutato gli incontri settimanali con ricercatori esperti invitati a parlare delle loro esperienze e le numerose occasioni di confronto con i colleghi di laboratorio, molti di loro medici come me alle prese con le difficoltà tecniche dei vari esperimenti.
Tra non molto rientrerò a Parma per completare l’ultima parte del Dottorato e finire il progetto. Lascerò le mie cellule inglesi nella loro patria d’origine ma spero di avere presto l’opportunità di applicare anche nella nostra realtà quello che ho imparato.